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In evidenza

 
Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Oltre la mediazione dei conflitti - Incontro con Kalpana Das a Bologna PDF Stampa E-mail
di Matteo Pozzi

In Italia per la terza volta dalla nascita dell’edizione italiana della rivista InterCulture, Kalpana Das, direttrice dell’Istituto Interculturale di Montreal, ha tenuto insieme ad Arrigo Chieregatti e Bruno Amoroso un incontro in cui è stato presentato il numero 10 della rivista sulla mediazione interculturale, nel soleggiato pomeriggio dell’11 maggio presso il Centro Melograno di Bologna.
Dopo una introduzione dei direttori dell’edizione italiana, Kalpana ha accompagnato i numerosi presenti attraverso un percorso che permettesse di contestualizzare la mediazione interculturale all’interno della nostra società, comprendendone le origini, le finalità ed i limiti.
Il sempre maggiore interesse, nelle società occidentali, per il concetto e le pratiche della mediazione interculturale è indice di un contesto che è mutato profondamente negli ultimi anni, tanto è vero che prima degli anni ’50 al più si parlava di relazioni internazionali o comunicazione interculturale, ben lontani dall’esigenza di mantenere l’ordine e la coesione sociale attraverso processi di mediazione dei conflitti.
Ma come si è arrivati a questo? L’esperienza personale di Kalpana in Quebec, ed in modo molto simile la nostra in Italia, sono lo specchio dei grandi cambiamenti delle società occidentali negli ultimi 50 anni: l’afflusso crescente di immigrati da paesi non occidentali a valle dei processi di decolonizzazione, l’esigenza sempre più forte di attrarre manodopera per sostenere il sistema produttivo, fino al processo di globalizzazione dove la mobilitazione massiccia di popolazioni e la spinta verso la loro omologazione sono diventate parte integrante del sistema pan-economico mondiale.
L’esigenza di mediazione interculturale emerge quindi da parte delle istituzioni, con connotazioni di tipo legale e giuridico, finalizzata soprattutto a far funzionare il sistema statale (scolastico, sanitario, servizi sociali e legali) a fronte delle sfide presentate dal dover gestire nuove e ingenti masse di popolazione estremamente diversificata. Un tema tutt’altro che astratto e marginale, sia che lo si guardi dal punto di vista microscopico del rappresentante dell’istituzione (l’insegnante, il medico, l’assistente sociale), incapace di fornire il proprio servizio alla persona assistita in assenza di una conoscenza dell’altro (ebbene sì: questi servizi hanno una forte connotazione culturale!), sia dal punto di vista macroscopico dello Stato, che entra in crisi se l’efficacia della sua azione istituzionale è messa in discussione.
Ma può il concetto di mediazione interculturale rappresentare la risposta al cambiamento del contesto? Le istituzioni (che hanno di fatto il compito di rappresentare e difendere lo Stato nazione) non esauriscono la complessità della società pluralistica, con tutte le sue diversità culturali, e in questo contesto più ampio la mediazione interculturale è sicuramente inadeguata a garantire un ordine sociale ed una convivenza pacifica. D’altro canto, anche dal punto di vista personale, la vita a contatto con l’altro (a maggior ragione con il «radicalmente altro») va ben oltre l’esigenza di mediare i conflitti, ma si basa sulla capacità di creare le condizioni per un dialogo che permetta la scoperta reciproca nella sua profondità ed essenza, includendo non solo le caratteristiche personali di chi dialoga, ma tutta la loro cultura (in gran parte invisibile), fino alle rispettive visioni del mondo; il tipo di dialogo che Raimon Panikkar ha definito «dialogico». Una sfida quindi molto più alta e difficile, perché rappresenta una ricerca esistenziale per costruire una società autenticamente pluralistica a fronte di una modernità (e lo Stato nazione che la difende) forse fondamentalmente incompatibile con la diversità.
Domande importanti, che stimolano una forte ricerca personale e collettiva, che Kalpana ci ha aiutato a porre con grande chiarezza, stimolando da un lato una coscienza quasi «politica» della nostra riflessione, dall’altro invitandoci ad una apertura esistenziale verso la Realtà - che è il motivo per cui ci piace occuparci di intercultura - di cui la ringraziamo con il cuore.