intervista a Jean-Frédéric Lemay, a cura di Lomomba Emongo Sarebbe esagerato dire che in definitiva il commercio equo rimane, malgrado tutto, un movimento che si colloca sul piano dell’economia moderna, cercando però di migliorare ciò che può essere migliorato? Più di una volta ho sentito dire che, in ogni caso, «è il contadino del Sud che deve cercare di adeguarsi al funzionamento e ai meccanismi del movimento». Sarebbe esagerato pensare che ancora una volta è il contadino a doversi elevare e adattare, mentre il movimento è in posizione di forza, anche se a suo modo? Non è del tutto sbagliato quello che dici. Anche se l’obiettivo è quello di rafforzare le organizzazioni contadine del Sud, cercando di migliorare le loro capacità di organizzazione locale e in ultima analisi le condizioni di vita delle popolazioni, il commercio equo in sé non è l’unica soluzione. Bisogna sapere su che cosa può agire: le strutture del commercio internazionale, certi rapporti di solidarietà (che sfortunatamente rimangono troppo spesso a un livello eccessivamente simbolico), la capacità politica dei movimenti contadini del Sud. Ma a livello locale abbiamo sicuramente bisogno di altro. Hai detto che c’è bisogno di altro. Che cosa bisognerebbe cambiare, in che cosa dovrebbe trasformarsi il movimento del commercio equo? Sul piano della strutturazione dei rapporti fra il Sud e il Nord all’interno del movimento, si è partiti da un movimento amichevole di solidarietà con la gente del Sud, messo in atto da gente del Nord che aveva una certa etica, voleva difendere determinati valori e ha parlato molto a nome degli altri; da qui si è passati a una situazione più polifonica, in cui prende la parola anche il soggetto con cui si vuole essere solidali. Siamo a questo punto. Il cambiamento che si sta verificando consiste nel fatto che le organizzazioni del commercio equo del Sud stanno cominciando a mettersi in rete. Forse abbiamo bisogno che il movimento in qualche modo si frantumi, nel senso che ricominci ad organizzarsi a partire dal livello locale (dall’intervista di Lomomba Emongo a Jean-Frédéric Lemay). Jean-Frédéric Lemay, attualmente ricercatore presso l’organizzazione Équiterre, è stato in Perù in occasione di una ricerca sul campo in vista del suo dottorato. Dopo aver insegnato economia al Cegep di Sherbrooke, è entrato in Équiterre con l’obiettivo di combinare lo studio teorico con l’azione pratica. A partire da una conoscenza approfondita del commercio equo, in questa intervista Lemay risponde a una serie di domande sugli ideali del movimento, sulle sue azioni concrete (o almeno su alcune di esse) e sulle difficoltà che esso incontra a livello teorico (concezione, funzionamento, adeguamento culturale ecc.).
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