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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Panikkar: per continuare il dialogo PDF Stampa E-mail
di Pier Francesco Prata

«Un gesto che vuole omaggiare un grande amico, una figura fondamentale nella mia vita come in quella di tanti altri»: così Arrigo Chieregatti spiega l’idea di dedicare un numero di InterCulture a Raimon Panikkar, scomparso un anno fa. L’occasione per riflettere sul suo pensiero è una serata svoltasi alla Casa per la Pace di Casalecchio, insieme al direttore della rivista, a Rita Monticelli dell’Università di Bologna e a Morena Poltronieri della casa editrice Museodei. I relatori hanno analizzato gli scritti del filosofo raccolti nel numero speciale della rivista, introducendone alcuni passi e poi confrontandosi con i partecipanti, divisi in tre gruppi di lavoro.
Chieregatti sottolinea come, secondo Panikkar, solo stupore e meraviglia possano farci incamminare verso qualcosa di nuovo. Le religioni tradizionali hanno smesso di cercare un punto di contatto tra le loro differenze e, senza una visione nuova, sono destinate a scomparire. «Le religioni, specie quella cattolica, devono smettere di credersi universali ed eterne, nessuna dottrina o ideologia può pretendere di esaurire ogni esperienza umana: le religioni, compresa quella dell’ateismo, devono essere una liberazione per l’uomo, parlando un linguaggio comprensibile a tutti». Un rinnovamento radicale, un pluralismo che non sia necessità di una super-religione, ma che crei la consapevolezza che il diverso da noi può offrire altre risposte, valide quanto le nostre.
Panikkar propone un dialogo tra visioni del mondo, una proposta che diventa obbligo necessario nel momento in cui chi si rinchiude in se stesso, isolandosi nel suo ambito, comincia lentamente a morire. Tutto è limitato, incerto, da scoprire nel dialogo con l’altro, non è utile né nascondersi né sostituirsi a lui nel processo dell’esperienza: «È tempo di abbandonare colonialismi e monopoli, in quel momento ogni cosa prenderà il suo posto, quello giusto, e sarà davvero possibile una trasformazione totale».
I partecipanti, durante il confronto sui temi proposti dal filosofo spagnolo, sono spesso smarriti, il processo di rielaborazione sui suoi scritti è complicato. «È il senso di stupore che Panikkar provoca: rileggere una sua riflessione è come incontrarlo per la prima volta, ogni parola scardina i preconcetti e stimola una riflessione basata solo sulle sensazioni», osserva Rita Monticelli. Il filosofo spagnolo invita a «incontrare l’uomo», ancora prima di cercare Dio, e a farlo senza l’aspettativa di conferme o di conforto, ma cercando di essere un vaso vuoto: bisogna lasciarsi riempire, per vedere cosa resta e cosa scorre, seguendo la nostra natura incline alla trasformazione. Non serve lasciarsi trasportare dalle paure, ma è necessario agire e vivere in ogni momento, senza rinunciare a nessuna gioia né ad alcun dolore. L’uomo non è mediatore tra cielo e terra, l’uomo è cielo e terra, dentro la vita. «Seguendo questo ragionamento», conclude Monticelli, «Panikkar non teme niente, o meglio teme tutto, e per questo continua ad andare avanti, spingendo a incontrare l’uomo nel sacro e nel divino, staccandosi da se stessi».
Anche le riflessioni di Morena Poltronieri ruotano attorno al linguaggio del filosofo: «la sua scrittura sembra piena di contraddizioni, ma solo nella contraddizione è possibile incontrare quella novità che ci permette di non universalizzare ogni nostro pensiero».
È necessario, secondo Panikkar, non interpretare l’esperienza dell’altro attraverso i nostri modelli, e spingersi invece verso un dialogo dialogale, che superi l’intelletto e trovi la sua solidarietà nell’amore.
Nei suoi testi, di grande potenza e intensità emozionale, Panikkar sottolinea come la verità sia un processo, non un punto d’arrivo. Il dialogo si intraprende per incontrare l’altro, cioè la parte nascosta di noi stessi, che ancora non conosciamo: avere paura dell’altro significa quindi avere paura di noi stessi e dei nostri problemi, temere che l’altro ci dica quello che non vogliamo sentire. L’intercultura può invitarci a un continuo superamento di ciò che abbiamo raggiunto, perché quando pensiamo di aver capito qualcosa, c’è ancora tanta strada da fare. «Panikkar ci insegna un nuovo approccio al dialogo», chiude Chieregatti, «un dialogo a cui non è possibile sottrarsi: o cerchiamo di incontrarci ora, oppure le prossime generazioni si scontreranno inevitabilmente, anche con la violenza, accentuando le diversità».