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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Intercultura e interculture PDF Stampa E-mail
di Pier Francesco Prata

Al Centro Natura di Bologna si è svolta la presentazione del numero 18 della rivista, che raccoglie gli atti del convegno di InterCulture svoltosi due anni fa. Sono intervenuti il prof. Antonio Genovese dell’Università di Bologna e il direttore della rivista Arrigo Chieregatti: «Si è trattato di un convegno nato dall’esigenza di incontro tra persone con idee e prospettive diverse riguardo l’intercultura: una occasione di confronto e di dialogo».
Chieregatti ripercorre il cammino che ha portato a questo convegno: «La società occidentale ha cominciato a parlare di intercultura qualche decennio fa, con l’intenzione di correggere aspetti della vita di certi popoli, che non comprendeva, ed esportando i suoi, che reputava migliori. Oggi invece ha a che fare con un altro tipo di intercultura, in cui non servono atteggiamenti difensivi né di supremazia, ma è necessario un confronto alla pari, per confrontarsi e capirsi».
Da questo sentirsi impreparati alla nuova condizione è nato un convegno non ideologico ma basato sulle esperienze. I lavori si sono aperti con un lungo minuto di silenzio, punto di partenza fondamentale e simbolo dello svuotamento necessario per provare ad  ascoltare, nel tentativo di scoprire altri strumenti di comunicazione oltre la parola. Il convegno è stato rivoluzionario fin dal suo metodo: non lezioni da ascoltare ma gruppi di studio per condividere e promuovere un dialogo.
Il tema era: «Quale intercultura?», e l’avevamo scelto perché, spiega Chieregatti, «ci eravamo accorti che questa parola era interpretata con significati differenti, nonostante avessimo sempre pensato ci fosse una visione unica». Il risultato di questo convegno è stata la smilitarizzazione della nostra cultura. Fare dentro di noi un vuoto, un silenzio che potesse permettere all'altro diverso da noi di entrare in casa nostra. Il numero della rivista nasce quindi dalla volontà di ripetere la stessa esperienza di dialogo di quei giorni.
Il Prof. Genovese si chiede quale sia la nostra comprensione della diversità, motivo di crescente preoccupazione nei paesi del nord del mondo. Il tema da cui partire per comprendere la situazione attuale è la globalizzazione, che crea divaricazioni molto forti, in una cultura della competizione e di una politica neoliberista nazionale e sovranazionale.
È l’occidente, con la sua modernità, a creare diversità. Genovese cita l’esempio di Kalpana Das, che analizza le politiche canadesi per le minoranze, che a noi possono apparire tolleranti e ben regolate, ma secondo la studiosa sono sviluppate solo da un punto di vista maggioritario, orientato a un tentativo di assimilazione.
Negli ultimi anni la maggior parte dei paesi occidentali ha sviluppato politiche sociali basate su valori di uguaglianza, ma i gruppi sociali e le comunità sono sempre più polarizzati, forze concorrenti e antagoniste, ostacoli insormontabili nel percorso del dialogo: queste politiche non producono effetti ma sono continuazione di questa polarità. «Per comprendere questi temi bisogna proprio ragionare sul tema della globalizzazione», continua Genovese. «Bisogna cercare di capire come si è sviluppato e cosa ha facilitato questo sistema retto da un principio molto semplice: ridurre i costi di produzione per massimizzare il profitto, una regola che ha delle conseguenze enormi in tutto il mondo, soprattutto sulle persone, e può portare a mutamenti sociali e relazionali. La globalizzazione porta alla delocalizzazione della produzione industriale, che porta alla precarietà, alla crisi dello stato sociale e alla rottura di legami sociali e familiari».
L'interculturalità richiede che ci si lasci trasformare dalle differenze culturali perché l'interculturalità stessa rappresenta la possibilità di nuove fonti di conoscenza e di speranza.
Nello sguardo interculturale potrebbe celarsi il terreno del bene comune. Riflettendo su questo tema, il referendum del 12-13 giugno ha rappresentato un nuovo orizzonte di riflessione perché era basato sull’idea di bene comune, di quei beni che appartengono a tutti e meritano una difesa e una diffusione continua.
Anche Chieregatti fa riferimento a Kalpana Das, richiamando la sua riflessione sulla Carta universale dei diritti umani: «Perché è chiamata universale? Ci sono tante Carte dei diritti, ma solo la nostra la imponiamo come universale attraverso la forza. La maggior parte degli articoli di questa Carta comincia con la frase: “ogni individuo”. La Carta dei popoli africani invece sottolinea la “collettività”. La nostra Carta è figlia di un individualismo chiuso in se stesso, in cui ogni individuo è abbandonato in una società competitiva.
È necessario mettere in dubbio la governance tradizionale degli Stati e riappropriarsi del potere dal basso. Ha ragione Kalpana quando dice che i movimenti di base sono la possibilità di cambiare e trasformare questa società».
«All’interno della nostra cultura c’è una problematica incapacità di comunicazione, che si evidenzia quando proviamo a comunicare con l’esterno», conclude Genovese. «Per risolvere i nostri conflitti mi è tornato in mente Confucio: è necessario passare in mezzo ai conflitti, stare in mezzo ad essi senza pretendere di risolverli; se conoscessimo la soluzione di tutto saremmo culturalmente morti».