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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Quarant'anni dopo PDF Stampa E-mail
di Kalpana Das

Sfide contestuali ed elaborazione di un interculturalismo alternativo
Quarant’anni: un bel record di longevità per un’organizzazione di base! Ogni decennio è stato segnato da una nuova partenza. Questa è la tradizione dell’IIM, una tradizione di costante adattamento al mutare delle tendenze e dei bisogni del nostro contesto socio-politico e culturale, e di costante impegno nell’affrontare le sfide della globalizzazione, sempre sulla base dell’intuizione originaria del pluralismo della Realtà e del mondo, e della necessità (dell’inevitabilità?) dell’intercul­tu­ra­lità.
La filosofia e le pratiche dell’Istituto Interculturale di Montréal sono radicate nell’ambiente non istituzionale e comunitario, nelle situazioni di vita e nelle esperienze vive dei popoli. È sempre stata nostra convinzione che la trasformazione della società è possibile solo attraverso un processo sinergico che comincia dalla persona, si estende alle comunità e infine tocca tutta la struttura della società.
Una descrizione dell’ambiente sociale, culturale e politico in cui l’IIM ha sviluppato la propria azione in ciascuno di questi quattro decenni metterà chiaramente in luce la sua visione dell’interculturalità e le caratteristiche della sua prassi.
Tutto è iniziato nel contesto storico, socio-culturale, religioso e politico del Quebec e del Canada. Il ruolo della chiesa cattolica e la sua influenza sulla società e sul popolo del Quebec negli anni ‘60, i rapporti storicamente conflittuali tra gli inglesi e i francesi (le ‘due solitudini’, come li chiamavano alcuni), la soggezione dei popoli autoctoni, le varie ondate di immigrazione europea e non europea che sono all’origine della diversità razziale, culturale e religiosa di questo paese, ecc., tutto ciò ha costituito il contesto particolare nel quale si sono sviluppati il nostro pensiero e la nostra azione.
Dalla fine degli anni ‘70 ad oggi, il coinvolgimento significativo dello Stato, del governo e delle pubbliche istituzioni nel campo della diversità culturale e delle relazioni interculturali ha impresso un’altra dinamica al nostro lavoro. Le politiche governative del multiculturalismo (Canada) e dell’interculturalismo (Quebec), la Legge 101 sulla lingua francese nel Quebec, le politiche relative alle nazioni autoctone e i movimenti per la loro rinascita culturale e la loro auto-determinazione, la crescente istituzionaliz­zazione e politicizzazione delle relazioni interetniche e razziali, ecc., hanno portato l’IIM ad elaborare una visione e una prassi alternativa dell’interculturalità.
Sebbene una dimensione internazionale fosse già presente nella nostra visione e nella nostra azione, solo a partire dagli anni ‘80 il contesto internazionale è diventato esplicitamente lo sfondo su cui elaborare le linee generali della nostra filosofia e della nostra prassi interculturale. Le problematiche interculturali presenti in tutte le questioni internazionali ci sono apparse cruciali per ogni tentativo di teorizzazione dell’interculturalità.
Ci siamo resi conto dell’estrema importanza di avere una chiara comprensione della natura dei conflitti culturali e della distanza culturale come fattori determinanti nei rapporti interculturali e negli studi interculturali. Questi due fattori sono resi più complessi dalla storia del colonialismo e dalla collocazione delle culture del Nord e di quelle del Sud a livelli diversi sulla scala delle culture moderne/non moderne o civilizzate/primitive.
Inoltre abbiamo sentito il bisogno di analizzare dal punto di vista interculturale certe aree di attività, come lo sviluppo internazionale e la cooperazione, l’azione per i diritti dell’uomo, l’aiuto internazionale, la globalizzazione e così via, per trarne lezioni importanti ai fini della formulazione di una filosofia e di una teoria interculturale.
Gli anni ‘90 sono stati contraddistinti da due tendenze parallele. Da una parte, i governi e le loro istituzioni (in particolare nel campo dell’educazione, della sanità e dei servizi sociali), come pure le diverse discipline universitarie, hanno avviato i loro programmi sulla comunicazione interculturale e interetnica e sulle problematiche dell’immigra­zione. Dall’altra, anche molti privati hanno avviato programmi di formazione alla comunicazione interculturale e alla gestione della diversità, destinati a istituzioni, imprese, industrie e così via. In questo modo è nato un nuovo mercato, basato sui principi della competizione e della pubblicità. Si è aperta così una pagina di storia molto diversa nel campo degli studi e dell’azione intercul­turale, una pagina in cui spesso non trova spazio il lavoro pionieristico del settore non istituzionale o comunitario (che per molti anni era stato in anticipo sul settore istituzionale). Ancora una volta all’IIM abbiamo dovuto trovare nuove modalità di intervento per continuare il nostro lavoro, opponendoci a queste tendenze per non lasciarci assorbire dal sistema dominante e mantenere la nostra identità. Abbiamo cominciato allora a mettere l’accento, nei nostri discorsi e nella nostra azione, su un pluralismo e un interculturalismo da elaborare al livello delle comunità e della base, e abbiamo preso una strada diversa.
È emersa così una netta distinzione tra l’ap­proccio all’interculturalità nell’ambito delle istituzioni pubbliche e della cultura dominante e l’approccio della base a livello locale e internazionale. In tal modo, raccogliendo costantemente le sfide della nostra epoca e allargando l’ambito delle nostre indagini e della nostra ricerca, abbiamo elaborato una visione, una teoria e una prassi dell’intercul­turalità che possono dirsi alternative.

Caratteristiche dei programmi e dell’approccio dell’IIM
L’IIM ha scelto consapevolmente di fare delle proposte invece che di opporsi all’approc­cio istituzionale o del sistema dominante, e ha lavorato per offrire un punto di vista differente sulle società pluraliste del mondo e per proporre una serie di programmi e servizi nel campo delle relazioni interetniche, interculturali, interreligiose e interrazziali come in quello degli studi interculturali. È impossibile elencare qui tutte le iniziative realizzate in questi quarant’anni, tutte le problematiche e le questioni più diverse che sono state affrontate sul piano del pluralismo e dell’interculturalismo. Dalla fondazione nel 1963 fino ad oggi, l’IIM ha percorso un lungo cammino disseminato di innovazioni: socializzazione interculturale di giovani e adulti provenienti da percorsi di vita e ambiti culturali e religiosi diversi; conoscenza delle culture basata sull’esperienza; dialoghi e incontri interculturali/interreligiosi; dibattiti interculturali su temi sociali di attualità; corsi di comunicazione, educazione e formazione interculturale per operatori e attori sociali in ambito sia istituzionale che informale; creazione di una rete internazionale di riflessione e di azione nel campo dello sviluppo internazionale, dei diritti umani e dei movimenti sociali; attuazione di progetti di ricerca-azione su questioni specifiche riguardanti gruppi particolari (come i giovani, gli anziani, le famiglie) all’interno delle comunità di immigrati o delle comunità etno-culturali, e più recentemente sull’interculturalità a livello di base.
Il nostro metodo di lavoro si basa fondamen­tal­mente su un’interazione continua tra la riflessione e l’azione, che si stimolano reciprocamente. Attualmente stiamo elaborando un metodo interculturale basato sull’esperienza, applicabile a diversi campi di riflessione e di azione, e dialogico.
Elenchiamo qui di seguito alcuni importanti aspetti del nostro metodo:
a) Ricerche etno-culturali e interculturali sulle realtà di gruppi specifici o di determinate comunità e società e sulla natura della loro interazione e coesistenza;
b) Dialogo interdisciplinare tra le scienze sociali, i saperi delle comunità e i sistemi di saggezza/conoscenza che appartengono alle diverse culture;
c) Equilibrio nelle relazioni Nord-Sud nel campo del sapere, per evitare ogni forma di dominazione o nuove teorie cripto-colonialiste riguardanti il pluralismo e l’interculturalità;
d) Iniziative rivolte all’integrazione di modalità di conoscenza ed epistemologie diverse.

In sintesi, la filosofia e la prassi, i programmi e i servizi dell’IIM affrontano le questioni interculturali che vanno al di là dei rapporti fra maggioranza e minoranza o fra le razze, al di là dei problemi di gestione della diversità o di attuazione delle pari opportunità. Cerchiamo di trattare la diversità culturale e l’intercul­turalità al livello delle possibilità di trasformazione che ci offrono per affrontare le sfide economiche, ecologiche, sociali, politiche e di civiltà del nostro tempo. Oggi concentriamo i nostri sforzi sulla ricerca di alternative interculturali di base che permettano di far fronte a queste sfide. Va detto inoltre che il nostro lavoro è orientato essenzialmente a un’educazione sociale/popolare e al cambiamento sociale piuttosto che all’elaborazione di politiche da suggerire ai governi e alle loro istituzioni, pur impegnandoci a dialogare con loro dovunque sia possibile. La rigenerazione della dimensione comunitaria (la società civile) attraverso un processo interculturale rappresenta uno dei nostri principali obiettivi.

Le realtà del 2002-2003
Riprendersi dalla ‘crisi’: abbiamo tutti presente l’improvvisa crisi finanziaria che abbiamo dovuto affrontare nel 2001-2002. Nell’ultima assemblea annuale abbiamo reso conto di tutte le misure prese per gestire e superare la ‘crisi’. In quell’occasione avevamo posto due domande essenziali all’assemblea: in un contesto di politiche governative dirette dal mercato e di gestione politica della società con criteri aziendali, «come continuare ad esistere?», e «come può essere portata avanti un’azione per il cambiamento sociale senza stabilità e senza uno sforzo costante?». Abbiamo trovato qualche risposta a queste domande e siamo usciti dalla ‘crisi’? Ovviamente la risposta è: no. Questa è la realtà, e abbiamo bisogno di trovare alternative innovatrici per la nostra sopravvivenza.
Come si può immaginare, questo è stato il nostro impegno per il 2002-2003. Per affrontare questa sfida dai molteplici aspetti, ci sembra che i seguenti approcci siano realistici e costruttivi. In primo luogo, certi principi di economia alternativa sembrano essere gli strumenti più efficaci, senza rinunciare alla legittima rivendicazione di risorse finanziarie da parte dei gruppi di base. Rimane da esplorare meglio la diversificazione delle fonti di finanziamento nel settore privato. Ma la nostra realtà è caratterizzata da una carenza cronica di energie umane e di tempo.
La chiave della nostra sopravvivenza si trova in principi come quelli dell’economia della sufficienza al posto dell’economia dell’eccedenza e in uno stile di vita all’insegna della semplicità e della condivisione. Abbiamo bisogno di approfondire la compren­sione di questi valori e di esplorare le modalità concrete per attuarli meglio nella vita dell’Isti­tuto. In secondo luogo, i programmi di forma­zione interculturale sono attività importanti che in passato hanno generato e ancora possono generare notevoli risorse. Questi programmi hanno dovuto essere in gran parte accantonati. Speriamo di trovare il tempo e l’energia per riprenderli regolarmente l’anno prossimo. In terzo luogo, dovremo pianificare con cura l’intensifi­cazione e il miglioramento delle nostre attività di raccolta fondi.
Trovare un equilibrio fra il budget, le esigenze di personale e i program­mi/servizi: i cambiamenti avvenuti nelle politiche di finanziamento, sia nel settore pubblico che in quello privato, costituiscono un fattore determinante per l’adozione di strategie rivolte a trovare un equilibrio fra il budget, le esigenze di personale e i programmi e servizi che potremo offrire durante l’anno. Spendiamo gran parte del nostro tempo e delle nostre energie ‘arrabattandoci’ a trovare il modo di far funzionare le cose. Le difficoltà derivano dal fatto che per quarant’anni l’IIM ha messo in atto programmi e servizi di largo respiro che hanno bisogno di un sostegno a lungo termine, mentre le agenzie che distribuiscono fondi sono interessate soltanto a finanziare progetti a breve termine. Di conseguenza c’è il rischio di trovarsi nella condizione di inventare progetti per garantire la sopravvivenza fisica dell’organizzazione, mettendo in pericolo la sua missione e la sua vera competenza.
Per di più non c’è la certezza di ottenere i finanziamenti per i progetti che presentiamo, e l’approvazione dei progetti e l’erogazione dei fondi avvengono da quattro a sei mesi dopo l’inizio del nostro anno fiscale, che comincia in aprile. In questa situazione è impossibile elaborare un budget annuale ben definito e avere del personale stabile.
Finalmente l’anno scorso abbiamo trovato il modo di adeguarci alla nuova situazione amministrativa. Lo si vede dal profilo del nostro personale e dalle entrate dell’anno. Utilizzando i nostri fondi di riserva e di autofinanziamento, e usufruendo di sussidi del Quebec Employment Program per alcuni membri del personale, siamo riusciti ad arri­vare alla fine dell’anno. Una cosa è certa: d’ora in poi la nostra organizzazione dovrà funzionare in questo modo.