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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
America Profunda: un incontro in Messico PDF Stampa E-mail

di Agusti Nicolau-Coll
Dal 6 al 9 dicembre 2003 hanno avuto luogo a Città del Messico un colloquio, un simposio e un forum nel quadro di un’iniziativa denominata America Profunda. L’iniziativa è stata promossa e organizzata da due membri del Riac(d): il Cedi (Centro de Estudios y Diálogos Interculturales), diretto da Gustavo Esteva (Messico), e il Pratec (Proyecto Andino de Tecnologias Campesinas), diretto da Grimaldo Rengifo (Perù).
Lo scopo era quello di fare il punto sulla realtà delle alternative elaborate dai popoli indigeni delle Americhe e dai loro alleati più che di aprire uno spazio per la denuncia delle politiche e delle azioni rivolte contro di loro. Al di là dei mali che li affliggono, i partecipanti hanno dialogato su ciò che sono, su ciò che costituisce il loro «noi» plurale e sui sogni che danno un senso al loro lavoro quotidiano.
Gli obiettivi erano tre:

  • Promuovere il riconoscimento dell’esistenza autonoma dei gruppi e dei popoli d’America chiamati comunemente indigeni, perché possano percorrere il proprio cammino in seno alle società in cui vivono.
  • Identificare gli spazi e i luoghi di comunione che sembrano esistere fra questi gruppi e popoli e fra di essi e i gruppi che non si considerano indigeni, per scoprire fino a che punto tutti insieme potrebbero costituire gli strati più profondi, e a volte anche maggioritari, delle società nazionali del continente.
  • Individuare, nelle iniziative di questi gruppi e popoli, eventuali elementi che potrebbero ispirare l’ideazione di nuovi percorsi inclusivi di trasformazione sociale.

I tre momenti previsti dal programma avevano gli stessi obiettivi, ma con livelli di partecipazione diversi. Al colloquio hanno preso parte 30 persone di vari paesi e popoli che in precedenza avevano già avuto uno scambio di idee sulle tematiche in questione. Per il simposio si sono aggiunte a questo gruppo altre 80 persone, anch’esse provenienti da diversi paesi e popoli. Il forum, in cui sono stati presentati i risultati del simposio e del colloquio, era aperto al pubblico ed ha avuto più di 300 partecipanti.
Il colloquio prevedeva quattro sessioni tematiche:

  • Chi siamo: come si configurano i diversi «noi» che costituiscono la realtà sociale profonda, indigena o non indigena, delle società delle Americhe.
  • Che cosa abbiamo in comune. I partecipanti hanno identificato gli elementi che i vari popoli e gruppi indigeni condividono, pur prendendo atto delle loro specificità e delle loro differenze. Hanno esplorato i tratti comuni dei rispettivi orizzonti di intelligibilità, delle cosmovisioni e dell’immaginario dei popoli indigeni, confrontandoli fra loro e con quelli dei non indigeni. Hanno cercato in tal modo di identificare gli elementi comuni a tutti coloro (indigeni o non indigeni) che non si riconoscono nei parametri occidentali moderni che predominano nelle società in cui vivono.
  • I nostri sogni. Tutti questi gruppi e popoli, indigeni e non indigeni, hanno creato ed elaborato iniziative, progetti, risposte al modello politico, sociale ed economico della modernità occidentale. Si è cercato di comprendere la natura profonda di tali iniziative, chiedendosi fino a che punto sono diverse e alternative rispetto a quelle della modernità occidentale, quali sono le loro prospettive per il futuro, a quali ideali si ispirano… Si trattava di evidenziare le loro caratteristiche in rapporto al modello moderno predominante e di chiarire la portata e il significato di quello che gli zapatisti hanno definito fin dall’inizio della loro azione «un mondo che comprende più mondi», in alternativa alla pretesa occidentale moderna di creare «un solo mondo».
  • Il senso delle nostre lotte. Questi gruppi e popoli hanno sviluppato diverse lotte, sia all’interno di ciascuno dei «noi», sia nei confronti di altri «noi» o anche del potere costituito del sistema dominante. Queste lotte sono di varia natura e hanno caratteristiche molto diverse. Ci siamo interrogati sul loro significato, sui loro obiettivi impliciti ed espliciti, sugli elementi comuni e sui punti di divergenza. Che senso hanno avuto per i gruppi coinvolti e per il resto della società? Fino a che punto è possibile trarne ispirazione per affrontare le difficoltà con cui si devono misurare le società delle Americhe?

Durante il simposio abbiamo lavorato su due argomenti principali: le proposte e le speranze.
Le proposte ruotavano intorno alla «vita buona», al vivere insieme, al dialogo fra culture, alla transizione politica. Le speranze intorno al pluralismo radicale, ai sistemi normativi (politico e giuridico), agli accordi nel rispetto delle differenze e alla «democrazia».
Dall’incontro sono emerse le linee fondamentali di un «Consenso dei popoli» in tredici punti:

  1. Pluralismo radicale, nel senso della creazione di «un mondo che contenga più mondi», in contrasto con il dissolvimento di popoli e culture nel modello universale e uniforme promosso dalla cultura occidentale moderna.
  2. Dignità personale come fondamento che alimenta i popoli e le culture, permettendo il fiorire della loro diversità.
  3. Autonomia delle comunità e dei popoli di fronte al potere statale, basata sulla conservazione di sistemi normativi propri e sul loro riconoscimento.
  4. Un nuovo regime politico che riconosca costituzionalmente l’autonomia e l’autodeterminazione dei popoli, abbandonando le strutture di dominio degli stati-nazione per fondarsi sulla sovranità dei popoli e contrastare il disordine globalizzatore.
  5. Dare all’economia una posizione subordinata, collocando la politica e l’etica al centro della vita sociale, in modo che la gestione economica sia al servizio delle persone, delle comunità e dei popoli.
  6. Democrazia radicale, basata sulla democrazia comunitaria a carattere consensuale, per ricostruire la società con la partecipazione di tutti.
  7. Convivialità di fronte alla disgregazione sociale generata dal consumismo che determina sia una situazione di dipendenza dai prodotti e servizi, sia un atteggiamento di invidia in coloro che non possono accedervi.
  8. Coscienza comunitaria come baluardo contro l’individualismo possessivo e come condizione di armonia nella convivialità, nel pieno rispetto della libertà e dei diritti delle persone umane e della natura.
  9. Rifare il mondo, non tanto con la trasformazione delle strutture e delle istituzioni oppressive, quanto con la messa in opera di iniziative rivolte alla creazione di un mondo economicamente in grado di sopravvivere, socialmente giusto ed ecologicamente sensato.
  10. Autonomia degli scambi, al di là della falsa dissociazione fra il libero scambio, in cui dominano le società finanziarie che distruggono la nostra libertà, e il protezionismo, in cui sono le burocrazie a non proteggerci. La gente deve avere la possibilità di determinare le proprie scelte.
  11. Socializzazione dei beni e dei servizi, per far fronte sia alla privatizzazione che alla statalizzazione, per mezzo di un’amministrazione decentrata e autonoma, con la partecipazione diretta della gente.
  12. Servizio e reciprocità fra le coalizioni di coloro che sono scontenti del sistema dominante, in modo da ampliare le nostre interazioni e da essere reciprocamente solidali.
  13. Orizzonte e trascendenza. La nostra conoscenza vuole essere saggezza, per cui ci poniamo come obiettivo l’essere e non l’avere. Uno stesso principio ispira i nostri colloqui ed è al centro di tutti i nostri atteggiamenti, comportamenti e modi di vedere. Non si tratta di un principio dottrinale o ideologico. Nasce dal cuore, non dalla testa. Il suo nome è spiritualità.

La prospettiva della trascendenza e della spiritualità è stata presente in tutto l’incontro di America Profunda e continuerà ad esserlo nel progetto d’azione che il Cedi, il Pratec e l’Iim stanno elaborando in seguito a quell’incontro.
La collaborazione dell’IIM all’iniziativa, che ha visto la partecipazione di Kalpana Das, presidente-direttrice generale, e di Agusti Nicolau-Coll, vice-direttore dell’IIM, ha già avuto un seguito nel luglio 2004 con il viaggio di quest’ultimo in Perù, su invito del Pratec.