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In evidenza

 
Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Sfide interculturali e servizi socio-sanitari PDF Stampa E-mail

di Lomomba Emongo

A partire dagli anni ’80, l’Istituto Interculturale di Montréal (IIM) ha realizzato una serie di programmi di formazione interculturale per le persone che lavorano nei servizi socio-sanitari, nell’assistenza di base e nell’animazione delle comunità. Per approfondire la comprensione delle dinamiche interculturali e per un adeguamento dei servizi alle persone che vengono da culture molto diverse, l’IIM ha attuato vari progetti di ricerca-azione di cui presentiamo qui di seguito i risultati.

1. Identità culturale e soluzione dei problemi
Concepito e realizzato in due fasi, nel quadro della partecipazione dell’IIM al lavoro dell’Équipe de recherche-action en santé mentale et culture (Érasme, Gruppo di ricerca-azione su salute mentale e cultura), questo progetto si è concentrato su due comunità presenti a Montréal, quella haitiana e quella indiana.

a) Tenere conto delle pratiche della cultura d’origine
Nella prima fase, dedicata alla comunità haitiana, il progetto prende le mosse dalla situazione particolare dei giovani, rivelatrice delle dinamiche in atto fra gli haitiani immigrati nel Québec sul piano dell’identità culturale e della soluzione dei problemi. Il campione comprende ovviamente giovani, genitori, leader e operatori sociali appartenenti ai diversi spazi socio-culturali individuati in fase preliminare.
In primo luogo, appare degna di attenzione la situazione delle famiglie di origine haitiana. La storia della comunità haitiana di Montréal coincide in gran parte con la storia delle comunità nere delle Americhe, con i suoi due capitoli principali: la tratta degli schiavi dall’Africa alle Americhe e l’emigrazione afro-caraibica verso l’America del Nord. Tutto ciò ha provocato la dispersione delle famiglie, segnate da rotture e trasformazioni strutturali nel contesto dell’emigrazione. Ci si trova dunque di fronte a famiglie e persone in preda a un duplice disagio sul piano dell’identità, in quanto Neri nel mondo dei Bianchi e in quanto discendenti di schiavi nel mondo dei discendenti degli antichi padroni. Per questo le tradizioni africane e caraibiche, intessute di spiritualità vodu e più recentemente cristiana, si intrecciano nella ricostruzione di «reti lunghe» simili a quelle della famiglia allargata: si tratta di risorse radicate nella memoria dei Caraibi e dell’Africa. Un problema non è visto in primo luogo come una malattia, ma come un limite o come una costrizione fisica o mentale, la cui origine si colloca il più delle volte nella dimensione soprannaturale. Per affrontarlo ci si rivolgerà innanzitutto alla spiritualità (vodu e cristianesimo). Lo houngan e il pastore o il sacerdote sono figure significative in tale contesto. A volte si ricorre alla somministrazione di rimedi, e in questo caso la «medicina popolare» prevale sulla medicina moderna. Il doktè fey che lavora secondo la tradizione trova maggior credito del medico di formazione occidentale, e quelli che possiedono una sufficiente conoscenza delle piante medicinali si curano da sé.
Il contesto migratorio non permette ovviamente l’esatta riproduzione delle concezioni e delle pratiche di affermazione della propria identità culturale e di soluzione dei problemi. Ci sono tuttavia dinamiche comunitarie che mantengono il loro valore agli occhi degli haitiani di Montréal. Di conseguenza il progetto evidenzia la necessità di un adattamento reciproco (degli immigrati e dei servizi) per mettere a punto sistemi che facilitino la soluzione dei problemi.

b) Tenere conto della spiritualità
Nella seconda fase, dedicata alla comunità indiana, il progetto prende le mosse dallo spazio familiare (giovani, genitori, anziani) per estendersi ai professionisti indiani che lavorano nel settore pubblico e agli esperti tradizionali che lavorano all’interno della comunità. L’attuazione di questa seconda fase è guidata da tre interrogativi: qual è la nozione generale di benessere globale (la «salute mentale»), e come è vissuta dagli indiani? Quali conoscenze ispira questa nozione sul piano della soluzione dei problemi, con particolare riguardo ai problemi di benessere globale? In situazione di immigrazione, qual è l’influsso delle pratiche legate all’identità culturale indiana nella soluzione dei problemi specifici di benessere globale?
Nello sviluppo della ricerca, ben presto ci siamo trovati di fronte alla diversità culturale interna alla comunità indiana e all’onnipresenza della spiritualità in tutto quello che ci veniva detto. La ricchezza dei dati raccolti permette diverse interpretazioni. Per il momento abbiamo esaminato il senso della comunità e le problematiche della richiesta di aiuto così come si manifestano nei giovani che abbiamo incontrato. Per quanto riguarda il senso della comunità, risulta che gli indiani di Montréal continuano a ispirarsi a quel mosaico di popolazioni e religioni diverse che caratterizza il loro paese d’origine: alcune organizzazioni della comunità restano vicine alla cultura e alla spiritualità del paese d’origine, mentre altre si concentrano maggiormente sulle preoccupazioni quotidiane della vita nei paesi d’immigrazione. Ci sono dunque due punti di riferimento, ma a livelli diversi: il riferimento all’India rimanda alla spiritualità come fondamento della cultura e dello stile di vita delle persone, mentre il riferimento al Canada (più che al Québec) evoca principalmente lo statuto giuridico degli indiani in quanto cittadini canadesi. Quando si tratta di ricerca di aiuto, entra in gioco soprattutto la spiritualità, che fa vedere il problema come qualcosa di normale nella vita umana e induce ad affrontarlo mettendosi in sintonia interiore con la situazione in cui ci si trova e ricorrendo alle risorse più adeguate allo scopo, cioè a tutto ciò che permette di ritrovare l’equilibrio e la pace interiore.
In sintesi, il senso della comunità e della ricerca di aiuto presso i giovani indiani di Montréal esce dagli schemi del Québec. La comunità, per loro, va al di là della categoria socio-politica a cui si dà comunemente il nome di «comunità culturale o etnoculturale», oppure di «minoranza visibile». E la ricerca di aiuto non ha praticamente nulla a che vedere con i servizi ufficiali forniti dallo Stato laico. Di conseguenza il superamento del divario fra gli immigrati indiani e la società dominante dipende dalla capacità di raccogliere la sfida interculturale che esige che si tenga conto dell’«equilibrio» e della «pace interiore».

2. Demistificare le bande giovanili
Il progetto dedicato ai giovani neri di origine caraibica residenti a Montréal ci fa entrare in contatto con gli ambienti dell’emarginazione. In concreto, viene realizzata una ricerca approfondita sulle bande fra i giovani di origine haitiana, un fenomeno per sua natura «nascosto», che tuttavia rivela tragedie personali non dissociabili dalla storia di famiglie immigrate a volte ferite. La banda appare allora come una dimensione importante di un «processo di elaborazione di strategie di sopravvivenza da parte dei giovani neo-canadesi di origine haitiana». Sono stati individuati tre principali poli strategici: ricostituire l’immagine della famiglia naturale; padroneggiare i segni del successo sociale; ricomporre la propria identità di Neri all’interno di una società di Bianchi. La banda si configura come una famiglia, a partire dalla quale i ragazzi cercano di rielaborare i loro rapporti con la famiglia di origine. Questa è spesso percepita come la fonte dei problemi che li spingono a unirsi a una banda, considerata come una nuova famiglia capace di risolvere quei problemi. Dalla nostra ricerca emerge che il conflitto di valori e la distanza interculturale fra le famiglie haitiane immigrate e la società di accoglienza sono alla base degli atteggiamenti protettivi dei genitori e nello stesso tempo della lacerazione vissuta da certi giovani di origine haitiana. La banda non è dunque fondamentalmente criminale, ma può diventarlo. La nostra ricerca ha permesso di demistificare l’immagine essenzialmente negativa della banda, soprattutto quando si tratta di bande formate da ragazzi immigrati. Collocata all’intersezione tra la famiglia naturale e la società di accoglienza, la banda non può sfuggire a una certa ambiguità: mentre vuole prolungare l’immagine della famiglia naturale, si presenta nello stesso tempo come un modello alternativo a quest’ultima per quanto riguarda l’integrazione nel sistema di valori della società del Québec, un’integrazione sostanzialmente socio-economica che i giovani immigrati possono difficilmente realizzare attraverso le famiglie d’origine. Oltre alla prospettiva di padroneggiare i segni del successo sociale ed economico, nella banda i giovani cercano e credono di trovare sostegno, comprensione e socialità, e non innanzitutto un’organizzazione criminale. La nostra ricerca-azione pone seri interrogativi sulle soluzioni del tipo «tolleranza zero» che vengono applicate dalla società di accoglienza e sul sensazionalismo dei mezzi di comunicazione che veicolano un’immagine di «giovani difficili», senza mai cercare di comprendere il significato della loro violenza antisociale.

 
3. Condizioni di vita e salute mentale degli anziani
Concepito in modo da tener conto della diversità culturale degli anziani delle comunità di immigrati del Québec, e in particolare di Montréal, il progetto ha esaminato le loro condizioni di vita e l’impatto di tali condizioni sulla loro salute mentale, intesa nel senso di benessere globale. Oltre a un voluminoso rapporto sulla ricerca, è stata anche elaborata una guida per gli interventi nei confronti degli anziani delle comunità etnoculturali.
Per quanto riguarda le condizioni di vita, gli anziani risentono della perdita della loro rete familiare e della loro rete sociale, rimaste nel paese d’origine. All’interno di una famiglia in cui convivono tre generazioni con diversi gradi di adattamento al Québec, il divario intergenerazionale è anche interculturale e si esprime attraverso incomprensioni, tensioni o addirittura aperti conflitti. Gli anziani sentono profondamente la perdita del loro statuto familiare, spogliati del ruolo e della posizione che venivano loro riconosciuti nel paese d’origine. Per non parlare della dipendenza nei confronti dei figli, che li ferisce e li porta all’infantilismo. Al di fuori della famiglia sono turbati da ciò che percepiscono come indifferenza da parte dei vicini di casa e dalla mancanza di rispetto che generalmente caratterizza i rapporti con gli anziani in Québec. Per quanto riguarda i servizi pubblici, li vedono come un luogo in cui la loro intimità, come quella della loro famiglia, rischia di essere violata da operatori estranei alla loro cultura e alla loro lingua materna.
Sul piano della salute mentale, viene di qui la sofferenza che segna un buon numero di anziani immigrati, specialmente se in età avanzata e provenienti da paesi culturalmente molto diversi dal Nord America. In questa situazione gli anziani sviluppano un senso di isolamento all’interno della famiglia, diventando osservatori impotenti, rinchiusi in un burrascoso silenzio. Al di fuori della famiglia, si sentono persi nella società di accoglienza, soprattutto quando stentano a parlare o non parlano affatto la lingua del luogo. Per quanto riguarda i servizi pubblici, li sentono così lontani che preferiscono non rivolgersi ad essi, a meno che non siano costretti a farlo. L’immigrazione appare globalmente a molti di loro come un’esperienza negativa. In sintesi, il nostro progetto ha fatto emergere alcuni interrogativi fondamentali sul senso da dare all’immigrazione degli anziani in Québec e sull’invecchiamento in quanto tale all’interno di una società multiculturale.