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In evidenza

 
Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Incontro di redazione a Montréal - riflessioni sull'intercultura alla riunione tra redazioni PDF Stampa E-mail
di Matteo Pozzi

È uso della Associazione Interculture organizzare un incontro annuale con l’Istituto Interculturale di Montréal per rinsaldare i legami e i rapporti di collaborazione tra le due redazioni della rivista InterCulture. Quest’anno l’incontro si è svolto presso la nuova sede dell’IIM, in Canada, nei giorni 25 e 26 giugno, con la presenza di tutto lo staff dell’Istituto, compresi gli autori di alcuni degli interventi pubblicati nei passati (e prossimi) numeri, e l’intero comitato di redazione dell’edizione italiana allargato a diversi amici che speriamo continueranno a collaborare con noi anche in futuro.
Le due giornate, affollate, intense e conviviali, hanno alternato momenti di riflessione sui temi legati all’intercultura a momenti, altrettanto significativi, in cui ci si è presi il tempo di conoscersi meglio, non senza molte risate e la spiccata sensazione di condividere qualche cosa di importante.
La discussione sulla rivista è stata il punto di partenza per uno scambio a tutto tondo su tematiche attinenti la diversità ed il pluralismo in genere, sia nei confronti del contesto socio-culturale e politico in Italia, sia nella vita dell’IIM dalla sua fondazione ad oggi.
Ci siamo innanzi tutto confrontati sul significato della rivista, nata originariamente dalla volontà di testimoniare il percorso di ricerca-azione effettuato dall’IIM con i giovani delle comunità immigrate e autoctone in Canada fin dal 1968, e poi diventata, man mano che andava definendosi una visione dell’intercultura distinta da quella usata in campo istituzionale ed accademico, un  mezzo di riflessione ed un punto di vista contemplativo sulla pluralità radicale della realtà, così come essa viene testimoniata dalle esperienze di vita degli uomini di tutte le culture.
Occuparsi di intercultura non significa quindi avere a che fare con una nuova materia, ma trovare un modo particolare di affrontare tutte le materie: mettere la modernità (la scienza, la scuola, la salute…) al vaglio delle culture tradizionali, invece del più diffuso approccio di valutare le culture attraverso lo sguardo e secondo le categorie della modernità (spesso confusa con l’Occidente).  Intercultura significa anche assumersi le proprie responsabilità verso quegli atteggiamenti che permettono la sempre maggiore diffusione del cosiddetto “pensiero unico”, sia esso economico, religioso o sociale, spesso in violazione di un senso comune di giustizia umana.
Ma forse il significato più importante di un approccio interculturale è quello che richiama alla natura profonda della realtà, in cui la vita stessa procede (come ci insegna la genetica) attraverso la continua creazione di maggiore diversità.
Questo ha un grande impatto sulla rivista, che si trova ad affrontare molteplici temi il cui filo conduttore non è tanto l’argomento trattato, quanto il modo in cui esso viene affrontato. Questione ancor più complessa quando si riconosca che l’interculturalità assume forme decisamente diverse quando si parli di minoranze in un contesto maggioritario, di immigrazione, di cooperazione internazionale o di filosofia interculturale.
E poi per quale fine? Una società pluralista, verrebbe da dire. Ma questo significa la convergenza del massimo numero possibile di culture in persone pluraliste, oppure creare la possibilità di avere rapporti pluralisti tra individui che non necessariamente devono integrare in sé il massimo livello di diversità? E, in entrambi i casi, cosa permetterebbe ad una società pluralista di stare insieme?
Non esistono risposte univoche a questi interrogativi, la cui importanza è però fondamentale per portare avanti la ricerca cui la rivista dà voce.
Il punto di partenza ci è parso risiedere in quell’elemento che ha distinto la nostra discussione da quella che avrebbe potuto avere luogo in campo accademico, dove i fenomeni discussi sono, nei fatti, analoghi a quelli che trattiamo noi: la presenza di una partecipazione personale in cui cuore e mente vanno di pari passo, e l’osservazione dell’oggetto dello studio collegata profondamente alla propria trasformazione personale. La presenza, in ultima analisi, di una dimensione spirituale che (forse a causa della perdita, nel mondo occidentale moderno, del senso profondo di «iniziazione alla vita» presente in tutte le culture tradizionali), ci richiede la ricerca di un risveglio alla realtà profonda, magari aiutato dalla possibilità di ricostruire, attraverso un approccio interculturale, quanto abbiamo perduto in cambio dello “sviluppo” (non tanto per adottare soluzioni trovate da altri, ma per scoprire un modo con cui cercare: non ricerca di alternative, ma ricerca alternativa).
Una sfida importante, vitale e appassionante, che continueremo aumentando, tra l’altro, la collaborazione tra redazioni in Italia e Canada non soltanto a livello di contenuti (per esempio rendendo possibile che nostri articoli possano essere pubblicati sui numeri internazionali), ma anche e soprattutto a livello di pensiero profondo, perché in ultima analisi il senso di InterCulture risiede nel fatto che ci sia qualche cosa di importante da dire.