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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Attività intorno alla rivista (dal n. 6) PDF Stampa E-mail
di Luigi Arnaboldi

La rivista InterCulture offre molti spunti per l’approfondimento e stimola l’attualizzazione dei suoi temi nel contesto della realtà italiana. A questo scopo presentiamo ogni numero della rivista in diverse città e promuoviamo anche dei seminari di studio. Per sollecitare ulteriori riflessioni gli interventi di presentazione del numero 4 della rivista (Il Terrorismo del denaro. Prospettive interculturali ) svoltisi a Bologna sono stati raccolti in un quaderno realizzato dall’Associazione Interculture. Riportiamo qui sotto alcuni dei suoi contenuti.

A) Presentazione presso la «Libreria Feltrinelli» (Bologna) - 21 aprile
 
L’incontro è stato introdotto da Rita Monticelli, Comitato Scientifico della rivista, che ha presentato i due quesiti centrali affrontati da questo numero.
  1. Che ruolo svolge il denaro fra noi? Che importanza ha assunto il denaro nella nostra collettività? E in che modo si è infiltrato in altri paesi cosiddetti del terzo mondo?
  2. Che cos’è l’economia? È un valore universale? Ha degli assunti che sono uguali per tutti, con delle leggi precise, o si basa su costruzioni che sono intrinsecamente legate a contesti socio-culturali specifici? Che cos’è l’universalità di cui tanto si parla? È un dato di fatto o, ancora una volta, una questione di potere?
Il dossier della rivista risponde a queste domande. Gli articoli di Vachon e Amoroso, ciascuno secondo le proprie peculiarità, evidenziano entrambi che «la questione del denaro non è legata solamente all’economia, ma a tutta la realtà profonda che struttura la collettività, e al rapporto che l’individuo ha con se stesso e con la comunità».
Arrigo Chieregatti, co-direttore dell’edizione italiana, ha sintetizzato così i contenuti della rivista: «Quando la vita umana si incentra su una produzione di denaro e non più su una produzione di merce, quando la vita umana si riduce a una tensione costante ad accumulare denaro, a volte senza neppure sapere per che cosa si accumula, quando la monetizzazione invade tutto, si rischia di vivere una vita senza la dimensione umana».
Se tutto è valutato in denaro significa che la nostra società è malata proprio perché fonda tutto sull’interesse e sul guadagno. Il «mercato», ad esempio, era l’occasione per degli incontri personali. Ancora oggi nei mercati orientali si contratta il prezzo al fine di creare delle relazioni tra venditore e acquirente. Questo è il valore principale del mercato, che la monetizzazione ha annientato. Infatti nei nostri supermercati non si parla più. E neppure si contratta perché tutto è fissato.
Cosa fare in questa situazione? Non si tratta tanto di trovare «economie alternative», ma «alternative all’economia». Si tratta di toglierci quegli occhiali che ci fanno valutare tutto a partire dall’economia e quindi dal denaro. Come dice Latouche: «quando uno ha un martello nella testa, vede tutto sotto forma di chiodi. Dobbiamo togliere il martello economico dalla nostra testa se vogliamo cominciare a vedere qualcosa».
L’intervento di Vittorio Capecchi, insegnante di sociologia all’Università di Bologna, ha chiarito che cos’è l’economia con la presentazione del pensiero dei maggiori economisti. È partito da Adam Smith (fondatore del liberismo) e si è poi soffermato sulle riflessioni economiche di Marx e Keynes fino a giungere a Friedman che ha scritto il libro-manifesto del neoliberismo, Capitalism and Democracy.
L’attuale vittoria del pensiero neoliberista deve portare a  domandarci come mai le teorie di Marx e Keynes non siano state capaci di prevalere sul liberismo. Capecchi ha individuato quattro questioni fondamentali che a loro erano sfuggite: (1) femminismo; (2) ecologia; (3) disabilità; (4) intercultura. Qualsiasi riflessione economica, d’ora in poi, deve partire da queste nuove prospettive per essere in grado di costruire un futuro nuovo.
L’esempio dell’approccio alla malattia della comunità Mapuche in Cile (dove sono le donne a gestire l’evento malattia) ci fa capire che dietro ogni cultura ci sono reti concettuali diverse che solo un rapporto interculturale può far emergere. È dunque importante la dimensione interculturale, anche se è poi difficile gestire le inevitabili contraddizioni interne a ogni cultura. Ogni cultura porta con sé delle forti conflittualità interne come, per esempio, lo scontro fra taoisti e confuciani nell’antica cultura cinese. Nessuna cultura è un tutto omogeneo. Capecchi si è domandato: «Qual è la cultura occidentale? È quella greca? Ma questa ha avuto fortissimi rapporti con la cultura africana. Allora, è la cultura africana-greca? È la cultura di Alessandria di Egitto? E le radici arabe? E le strutture monoteistiche religiose? Le culture sono fortemente contraddittorie».
 In conclusione, c’è da constatare che oggi il dogma neoliberista sta diffondendosi ovunque, anche in culture lontane dalla nostra come, per esempio, in Cina. Questa situazione ha da farci riflettere in profondità perché il neoliberismo può incollarsi a qualsiasi cultura. Da qui la notevole importanza della rivista InterCulture che ci rende coscienti di questi processi in atto e ci stimola a salvaguardare la specificità di ogni singola cultura.

B) Presentazione presso la «Casa per la Pace» (Casalecchio, Bologna) - 26 aprile

Matteo Pozzi, che ha recentemente conseguito un master di «relazioni internazionali» presso la Johns Hopkins University, come testimone diretto ha relazionato su cosa oggi si insegna nei centri del potere economico. Nelle università economiche, si diffonde la nuova ortodossia (detta anche Washington consensus) ispirata alla dottrina neoliberista di Friedman. Le regole sono semplici e possono così essere sintetizzate: «minimizzazione di ogni intervento dello Stato, grande attenzione ai tassi di cambio, liberalizzazione del commercio, promozione del settore privato, rimozione dei controlli sui prezzi e dei sussidi, il tutto finalizzato, in ultima analisi, ad elevare i tassi di crescita».
Questi dogmi sono propagandati senza alcuna criticità che li possa mettere in discussione. Né si entra in un reale dialogo con le teorie di Marx e Keynes, né si espongono quegli autori che hanno sollevato serie critiche al neoliberismo, come per esempio H. Scarf. Eppure un’attenta analisi della realtà mette in evidenza che il neoliberismo è incompleto almeno di fronte a queste due tematiche: (1) la privatizzazione dei beni comuni; (2) la distribuzione della ricchezza. La realtà ci sta dimostrando ogni giorno che i beni comuni sono sempre più saccheggiati attraverso la privatizzazione e che la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre di più.
Pozzi ha passato poi in rassegna i vari miti sui quali si basa l’attuale sistema: lo Stato-Nazione e la democrazia; l’oggettività/razionalità; il benessere; la libertà; il progresso, la crescita, la modernizzazione, lo sviluppo. Solo a partire dallo loro messa in discussione si potranno trovare delle vie d’uscita dal «pensiero unico» che ci è oggi imposto dal sistema.
Cosa possiamo fare? Le risposte attualmente in atto possono essere raggruppate in tre tipologie distinte: (1) riportare l’etica nell’economia; (2) inventare economie alternative; (3) trovare alternative all’economia. Mentre le prime due si dimostrano insufficienti perché non scalfiscono alla base la centralità dell’economia, la via dell’alternativa all’economia è l’unica in grado di generare il passaggio «da una cultura incentrata sull’avere ad una cultura che si basa sull’essere». A questo punto entra in gioco l’importanza dell’intercultura che ci fa conoscere culture «altre» che già vivono dentro questa dimensione dell’essere. Inoltre l’intercultura evidenzia che non esiste solo UNA soluzione ma che ce ne sono tante quante sono le culture del mondo. Si tratta allora di entrare in dialogo con queste culture «altre» per edificare armonie nuove che ci facciano uscire dalla via cieca in cui l’Occidente si è incamminato.
Emilio Rebecchi, insegnante di psichiatria all’Università di Bologna, ha esordito affermando che l’economia causa sofferenza. La questione del denaro ci coinvolge tutti perché è causa di sofferenze e di ansie quotidiane. Oggi, in Italia, moltissime persone fanno fatica ad arrivare a fine mese. Anche chi sta bene è assillato da problematiche economiche. Per non parlare dei paesi poveri…
Il consumismo sta al centro del nostro sistema e coinvolge ogni realtà. La stessa sanità è ormai un luogo di consumo. La medicina più venduta nel mondo è un banale ansiolitico, il Tavor. Le nostre condizioni di vita portano a un aumento di ansia, ma piuttosto che risalire alle cause, per cambiare poi lo stile di vita, si preferisce propagandare il potere «miracoloso» di una medicina che tale non può essere.
Non possiamo tollerare che ci siano ingiustizie con la scusa che… «però oggi si sta meglio di una volta!». Siamo bombardati da una propaganda che ci dice che oggi viviamo meglio e così siamo invitati a giustificare che ci siano dei prezzi da pagare. Eppure non è vero. Per esempio, il tanto propagandato progresso della salute è fittizio. Le cifre che innalzano i parametri medi della vita sono determinate dalla riduzione della mortalità infantile che in passato era più alta. Inoltre i dati dell’antichità (si veda per esempio Roma) testimoniano che c’erano molti ultra-ottantenni. Rebecchi ha denunciato: «La situazione attuale è ben diversa da quella che vorrebbero farci credere. Le condizioni di salute sono in generale pessime o cattive, e le attuali condizioni di lavoro producono più danni alla salute di quanto non facessero i vecchi sistemi di lavoro dell’Ottocento. Il famoso “progresso della salute” è uno dei capitoli più delicati, che andrebbe affrontato con estrema serietà e precisione».
Non abbiamo comunque da disperare perché le alternative esistono. Non è vero che questo processo che è in atto non può essere arrestato. Si tratta di incominciare a rifiutare questi meccanismi e di lottare per «difendere tutti i beni comuni, tutte le proprietà dell’umanità che non sono cedibili. (…) Bisogna incominciare a non accettare le sofferenze che non sono necessarie. Possiamo affrontare il terrorismo del denaro e sconfiggerlo».