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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
scarica il programma dettagliato
 
Prospettive per l'edizione italiana di InterCulture PDF Stampa E-mail
di Matteo Pozzi

Nei giorni 11, 12 e 13 settembre 2006 si è svolto a Salvaro, in provincia di Bologna, la riunione del Comitato Scientifico dell’edizione italiana della rivista InterCulture, cui hanno partecipato una trentina di persone tra cui i membri del Comitato, la redazione, la casa editrice Città Aperta, i soci dell’Associazione ed altri invitati.
L’evento si è articolato attorno a due temi portanti, che si sono alternati e spesso integrati nel corso delle tre giornate. Da un lato una riflessione sulla rivista e sull’Associazione Interculture, alla luce dell’esperienza maturata nel corso del primo anno di attività, con il prezioso contributo di Kalpana Das, direttrice generale dell’Istituto Interculturale di Montréal. Dall’altro un approfondimento - sotto forma di dialogo con Raimon Panikkar - sul dialogo interreligioso che, spaziando tra teoria e praxis, storia e prospettive future, riflessione filosofica e aneddoti di vita vissuta, ha fatto emergere con vivida leggerezza la profondità delle intuizioni che Raimon ha sviluppato negli ultimi decenni.
In questo breve resoconto riporteremo alcuni spunti emersi nel corso della riflessione sulla rivista, ignorando gli aspetti più prettamente «tecnici» (che hanno comunque fornito alcune indicazioni interessanti all’Editore e alla Redazione) per dare spazio ai temi di più ampio respiro.

Qual è lo spazio, oggi, per una rivista come InterCulture?
Come premessa è opportuno innanzitutto chiedersi quale sia lo spazio, oggi, delle riviste in genere. La realtà è che da quando la televisione e internet hanno iniziato a dettare gli standard della comunicazione di massa, questo strumento ha cessato, con pochissime eccezioni, di rivestire un ruolo di rilievo nello scenario culturale nazionale.
Ciò detto, InterCulture si inserisce in un contesto in cui esiste già una serie di riviste che si occupano di temi analoghi (per esempio: CEM Mondialità, Interdipendenza, Madrugada, Esodo…), per lo più legate a gruppi culturali o religiosi. Tuttavia, a differenza di queste testate che si propongono come riviste di opinione, InterCulture ha una maggiore vocazione all’approfondimento, caratteristica che le permette di contribuire al dibattito culturale senza correre il rischio di sovrapposizioni.
L’Associazione dovrà comunque valutare la possibilità di ampliare le modalità di diffusione, sia attraverso una presenza su internet, sia rafforzando il legame con le altre associazioni e riviste per favorire la nascita di sinergie, partecipare al dibattito culturale e magari riunire le forze per l’organizzazione di eventi (seminari, convegni) su aree di interesse comune.

Qual è la «missione» della rivista?
La ragione dell’esistenza di InterCulture è la percezione che esistano delle cose da dire a cui si desidera dare voce. Kalpana Das, direttrice generale dell’Istituto Interculturale di Montréal, ha aiutato il gruppo a focalizzarsi sui temi portanti su cui il Centro lavora da ormai 45 anni e che sono la base per l’edizione canadese della rivista (che peraltro rappresenta un aspetto relativamente secondario rispetto alle attività dell’IIM).
InterCulture si pone come voce «alternativa» nel dibattito interculturale, dove la specificità del messaggio si può riassumere nei seguenti punti:
  • l’intercultura non è identificata con il tema dell’immigrazione che, per quanto importante, ne rappresenta solo uno dei tanti aspetti sociali;
  • il pluralismo viene quindi visto non tanto come l’apporto di nuovi contributi alla società introdotti dall’esterno (attraverso i flussi migratori), quanto come un fenomeno già latente nelle diverse società, che si esplicita nell’esigenza di confrontarsi con le diversità a tutti i livelli;
  • la prospettiva dello stato-nazione, con cui spesso vengono affrontati i temi interculturali, viene tralasciata a favore di una prospettiva che guarda alla relazione tra persone. Questo permette di non doversi preoccupare degli obiettivi economici e di controllo impliciti nel concetto di Stato, ma al contrario favorisce la nascita di un dialogo che può essere arricchito dalle cosmovisioni di tutte le culture, sia ufficiali che «vernacolari», a partire dal riconoscimento dell’inconsistenza di tutti gli «universali culturali».
Per questo motivo la rivista si impegna a garantire pari dignità sia a testi scientifici che a quelle voci che esprimono le conoscenze e le pratiche tradizionali, così ricche di spunti originali sulla condizione umana e che spesso, se non direttamente oppresse, hanno difficoltà ad emergere dal silenzio.

Quale ruolo per l’Associazione?
L’Associazione Interculture, oggi prevalentemente funzionale all’edizione italiana della rivista, si fonda su un substrato di associazioni, gruppi di studio e iniziative nel campo della cooperazione internazionale che hanno da tempo fatto emergere l’esigenza di un «luogo» di riflessione e studio, da cui è nata la partnership con l’IIM.
Grazie all’impegno ed al lavoro di alcuni volontari già oggi vengono organizzati seminari sui numeri della rivista, aperti a lettori e interessati, e riflessioni e approfondimenti trovano espressione in «Quaderni» che, per quanto a diffusione locale, rappresentano un primo elemento di interscambio con il Canada.
Rimane tuttavia forte l’esigenza di fare un salto di qualità, per coniugare da un lato l’azione alla riflessione (sul modello dell’IIM), e dall’altro per permettere un ulteriore approfondimento del pensiero e aumentare l’impatto che i messaggi proposti dalla rivista possono avere nel dibattito culturale in Italia e in Europa. Per questo il ruolo dell’Associazione dovrà essere rafforzato, a partire dalla capacità di tessere relazioni attraverso un più intenso coinvolgimento di tutte le realtà espresse dal Comitato Scientifico (associazioni, Università del Bene Comune, mondo accademico, gruppi di studio…), per valutare in seguito la possibilità di arrivare alla creazione di un vero e proprio Tavolo di Studi Interculturali.

Conclusioni
La riflessione sulla rivista InterCulture non può prescindere da una considerazione sul linguaggio usato, che sicuramente non è semplice e alla portata di tutti, implicando un impegno da parte del lettore, cui viene spesso chiesto di andare oltre una interpretazione semplicemente razionale. È qualcosa di difficile, così come è difficile far parlare culture diverse, che sono forme di vivere, di pensare e di vedere la realtà differenti e spesso, da un punto di vista puramente intellettuale, inconciliabili.
Come osservato da Adel Jabbar, parlare di intercultura richiede un difficile lavoro di decostruzione, simile all’aratura (che non distrugge, ma capovolge) del «duro terreno» dell’immaginario, affinché la semina possa dare frutto.
Concludendo con le parole di Raimon Panikkar, «quello di cui non si può parlare è l’unica cosa di cui vale la pena di tentare di balbettare… e se noi siamo convinti che diciamo qualcosa di nuovo, in qualsiasi linguaggio lo diciamo, passerà. Questo deve essere il nostro ideale: dire qualcosa che valga la pena di essere detto».