Prefazione al n. 7 |
In un primo momento avevamo pensato a un titolo diverso per il dossier di questo numero. Volevamo intitolarlo: «Al di là dell’Islam fondamentalista1 e nazionalista: l’islam vernacolare», sottolineando da un lato che esiste un fondamentalismo/integrismo anche delle altre religioni e della «religione» della modernità, e dall’altro che l’islam vernacolare presenta aspetti diversi. Dopo aver riflettuto, e per evitare ogni possibile malinteso, alla fine abbiamo preferito: «In ascolto di altri islam», mettendo in evidenza la scelta di dare la parola a musulmani di ieri e di oggi di cui non si sente praticamente mai la voce. Come scrive Mohammed Arkoun, Si è presa l’abitudine di descrivere la civiltà classica [dell’Islam] secondo le visioni ufficiali perpetuate dalla letteratura erudita; i movimenti popolari hanno trovato spazio soltanto nella misura in cui le élite acconsentivano a parlarne. In questo modo è possibile costruire, per mezzo della Ragione ortodossa, un Islam omogeneo, razionalizzato, unificato e unificante (...). Ma se capovolgiamo la prospettiva e consideriamo l’espansione e le funzioni dell’Islam a partire dalla vita quotidiana di popoli radicati in pratiche millenarie ancora vitali, scopriamo che esistono tanti islam quanti sono i gruppi etnoculturali.2E Arkoun continua: Molto rimane da fare per imporre l’approccio sociologico e antropologico richiesto dalle realtà storiche e strutturali di ogni società in cui agisce il fatto islamico.3C’è dunque un pluralismo islamico che va al di là della pluralità confessionale dell’Islam sunnita e sciita e delle sue varietà malechite, kharigite ecc. C’è infatti un islam semita e arabo, e un islam greco, maghrebino, persiano, indiano, indonesiano, dell’Africa Nera... in poche parole, un islam interculturale, interconfessionale e interreligioso. Possiamo anche spingerci oltre: c’è un islam teista, umanista, cosmico e che potremmo chiamare cosmoteandrico, un islam che non può evitare il dialogo fra Allah, JHWH, Dio, Shiva ecc., né tra il divino, l’umano e il cosmico.4 Speriamo che la scoperta dell’islam vernacolare attraverso le pagine che seguono ci insegni, qualunque sia il nostro orizzonte, ad ascoltare meglio le nostre religioni e culture vernacolari, a uscire dalle nostre chiusure, dai nostri nazionalismi, dalle nostre fortezze erudite, dai nostri recinti accademici, dottrinali e dogmatici. In breve, a passare da un dialogo interculturale puramente dialettico a un dialogo interculturale che sia innanzitutto e soprattutto dialogico e comunitario, di concerto con i nostri fratelli e sorelle musulmani. Il nostro auspicio è che riusciamo ad aprirci al mistero che sta nel cuore della profezia (Lâ ilâha ill’Allâh: «non c’è divinità se non Dio!»), quel mistero che tutti siamo tentati o pretendiamo di ridurre alle nostre interpretazioni, legate al nostro tempo e al nostro spazio, mentre il mistero è unico e pluralistico, è parola e silenzio. Note 1. Sappiamo che il termine «fondamentalista» non significa necessariamente chiusura e nazionalismo. A questo proposito si veda M.E. Marty e R.S. Appleby Fundamentalism observed, University of Chicago Press, Chicago and London 1991. Il fondamentalismo può anche essere l’azione di far emergere «(...) le cose fondamentali o le caratteristiche specifiche e centrali di una tradizione religiosa che si ritiene siano minacciate dalla relativizzazione moderna di quei valori» (pp. xvi; 872). 2. M. Arkoun Pour une critique de la raison islamique, Maisonneuve & Larose, Paris 1984, p. 96. 3. Ibidem, p. 217. 4. Sul tema del pluralismo islamico si troverà una buona panoramica introduttiva in L. Gardet L’Islam, Religion et Communauté, Desclée de Brouwer, Paris 1967, pp. 301-318 (cap. III: «Unité et Régionalisme»). |