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Venerdì 19 maggio 2017 ore 20.45
presso il Centro Natura - Sala del camino

via degli Albari 4/a - Bologna

 

collana InterCulture
già rivista dell’Istituto Interculturale di Montreal

presentazione del volume:

Vie di pace
 
intervengono:
Arrigo Chieregatti
direttore della collana

Antonio Genovese
pedagogista
 
Pace è consuetudine e scambio di vita fra gli uomini:
dalla famiglia al clan, al popolo, alla moltitudine delle genti.
Un cammino faticoso, perché l'uomo trova difficile
non mettersi al primo posto
considerando gli altri come vassalli.
Molte sono le vie della pace.
Questo volume ne esplora alcune.

 
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Recensioni e pubblicazioni
Libri ricevuti

Denis Blondin, La mort de l’argent. Essai d’anthropologie naïve, éd. Pleine Lune, Québec 2003, pp. 304.
«La morte del denaro. Saggio di antropologia ingenua»: questo importante libro di un antropologo del Québec ci ricorda che «il denaro non è sempre esistito, e dunque non è eterno. Non è indissolubilmente legato alla nostra condizione di esseri umani e sociali. (…) La vita senza denaro, una vita umana e sociale, ricca e complessa, non solo è possibile, ma è stata la realtà vissuta da un numero di esseri umani che potrebbe anche superare il totale di quelli che hanno vissuto con il denaro».
Il denaro è un bene sacro? Vediamo che cosa ne pensa l’autore: «Per demonetizzare le nostre vite, bisogna innanzitutto desacralizzare il denaro. Una volta desacralizzato, il denaro ritrova il suo vero posto nella nostra storia, cioè quello di un’invenzione umana come le altre» (pagina di copertina). C’è forse un valore da riconoscere al denaro? «Il denaro non ha realmente il valore che gli si attribuisce; la ricchezza reale di una società è sempre di natura sociale» (p. 61). In queste condizioni, che fare del denaro? Secondo l’autore, «stigmatizzare il denaro come responsabile di tutte le ingiustizie umane può sembrare un ricorso a una teoria primitiva. Invece il fatto di non mettere in discussione il suo primato assoluto, dando per scontato che sia un fenomeno naturale piuttosto che un’istituzione umana, è a sua volta una sorta di riflesso primario, quello del cittadino ben condizionato dalla sua società. Prevedere la morte del denaro è un’idea che emerge facilmente, anche in persone che non desiderano affatto una simile fine del mondo» (p. 19). E l’autore conclude: «Da dove verrà quel lampo di consapevolezza che ci mostrerà la semplice via della libertà? Non lo so, ma so che non sono i poveri ad avere in mano la mazzetta più grossa di banconote. Non sono neppure i super-ricchi, ma siamo più o meno tutti noi. Tutti noi, che possiamo lasciare per un attimo la presa per scoprire quanto ci costa il denaro e a quali vantaggi rinunciamo per la nostra cecità» (p. 256).
Questo libro invita a riflettere sul denaro con uno spirito interculturale. Il denaro che uccide può a sua volta morire? Sta morendo? Sta facendo harakiri? Sta scomparendo nel vuoto? Sta diventando senza valore? Sta esplodendo nel nulla? Sta suicidandosi, sta distruggendosi da sé? Un’apocalisse monetaria e tecnologica? Quale speranza rimane a chi ha riposto le proprie speranze nel denaro? Niente denaro, niente speranza? C’è solo disperazione per chi perde l’ultima risorsa, il denaro? La scomparsa del denaro sarà la scomparsa o la scoperta della Vita e della Realtà?

Dominique Boisvert, L’ABC de la simplicité volontaire, éditions Ecosociété, Montréal 2003.
Una buona notizia! Un mondo diverso è possibile!1
Arrivo a questa presentazione del mio libro affaticato come dopo un parto.  Ma non è stata la fatica dello scrivere: sono tornato stanotte da una riunione di tre giorni che si è tenuta nell’albergo più lussuoso di Banff, nella splendida cornice delle Montagne Rocciose dell’Alberta. Nel giro di poche ore sono passato dalla «semplicità volontaria» al «lusso involontario». Ognuno ha le sue sorprese e le sue contraddizioni!
Raramente un libro nasce da solo, come per «opera – o ispirazione – dello Spirito Santo». L’«ABC della semplicità volontaria», forse più ancora di altri libri, è il frutto di innumerevoli collaborazioni, talora consapevoli e il più delle volte anonime. Poiché si occupa di una corrente sociale, quella della semplicità volontaria, scaturisce dai contributi di molti «altri» più che dalla sola testa dell’autore. E coloro che ne hanno ispirato il contenuto con la loro pratica, le loro riflessioni o i loro scritti, sono troppo numerosi perché io possa anche solo tentare di nominarli qui.
Ma la pubblicazione di un libro include anche la collaborazione diretta di più persone di quanto non si creda: dall’editore che invita a scrivere ai tipografi che fabbricano l’oggetto materiale che avrete fra le mani, passando per tutti coloro che lavorano alla correzione, all’impaginazione, all’illustrazione e alla diffusione del libro.
Per questo voglio per prima cosa dire: grazie!
Grazie a Serge Mongeau e alle Éditions Écosociété. Grazie alla «Rete per la semplicità volontaria» del Québec, alla sua segretaria, ai suoi animatori e ai suoi membri. Grazie a tutti gli artefici del libro: quelli che hanno contribuito a migliorarne il contenuto come quelli che hanno contribuito alla bellezza della sua forma. Un ringraziamento speciale va alla mia nipotina, Gabrielle Boisvert, che ha disegnato la bellissima pagina di copertina: ringrazio te e i tuoi genitori per averci aiutati a trovare il modo di tradurre la semplicità volontaria in un’immagine. E un grazie ancora più speciale va a Diane, la mia compagna di vecchia data, che più di ogni altro ha contribuito al concepimento, alla gestazione e al parto di questa nuova creatura.
Eccolo, dunque! Finalmente il libro è fra le nostre mani. La sua vita comincia ora. Come sarà? Nessuno può saperlo. Ma oggi facciamo festa. Ed è venuto il momento di presentare il nuovo nato!
Come «dire» l’essenziale della semplicità volontaria (SV) in soli dieci minuti? È l’impresa che mi sono imposto per questo pomeriggio. Quelli che mi conoscono capiranno perché sono arrivato con un testo scritto e lo seguo fedelmente…
Una buona notizia! Un mondo diverso è possibile! Riassumerei in questo modo il mio «ABC della semplicità volontaria». Si tratta di riscoprire una saggezza antica come il mondo: la moderazione ha molto più sapore! In un mondo che sempre più ci impone una felicità individuale da ottenere accumulando beni materiali e un progresso collettivo da attuare attraverso una crescita illimitata, è una gran bella notizia venire a sapere che «un altro mondo, un mondo diverso, è veramente possibile»!
La SV è una corrente sociale che è venuta alla ribalta e ha attirato l’attenzione dei media soprattutto a partire dalla fine degli anni ’80 negli Stati Uniti e alla fine degli anni ’90 nel Québec. Qui si è cominciato a parlare di SV soltanto dopo la nuova edizione, nel 1998, del libro di Serge Mongeau: La simplicité volontaire… plus que jamais! (La semplicità volontaria… più che mai!). Ma la SV «moderna» ha radici più antiche: possiamo farla risalire a Henry David Thoreau (Stati Uniti, XIX secolo) o a Richard Gregg, che fu discepolo di Gandhi in India a partire dal 1936. Ma al di là delle sue origini storiche, quello che importa è che la SV è diventata di moda essenzialmente perché risponde a bisogni crescenti: il bisogno di rallentare il ritmo infernale delle nostre vite, il bisogno di liberarsi dalle grinfie dell’indebitamento, il bisogno di proteggere le risorse del pianeta per le future generazioni, il bisogno di ritrovare un senso alla nostra vita e al nostro lavoro, e così via.
Che cos’è la SV? È un’arte di vivere che riscopre con piacere che si può essere più felici con meno; che si può barattare con profitto la ricchezza materiale con una maggiore libertà; che i nostri desideri sono illimitati, e quindi fonte di inevitabili frustrazioni, mentre i nostri veri bisogni sono molto più limitati e in genere molto meno costosi di quanto non si creda. In poche parole, è un modo di vivere meglio, in maniera più consapevole e meno dipendente dalle molte schiavitù a cui siamo soggetti, spesso a nostra insaputa: carriera, successo, bisogni finanziari, pubblicità, routine quotidiana ecc.
Come si può vivere la SV? In tanti modi quante sono le persone. Vivere semplicemente, infatti, è vivere in funzione delle proprie priorità, e poiché nessuno parte esattamente dallo stesso punto né vuole recarsi esattamente nello stesso luogo, le strade saranno necessariamente diverse: una persona non sposata o una famiglia con quattro bambini, uno studente o un pensionato, l’abitante di una grande città o chi vive in un piccolo paese di campagna non semplificheranno allo stesso modo la propria vita.
Ci sono condizioni minime, regole da seguire, un manuale della SV, o anche un «punto d’arrivo»? No! Nessuno possiede il brevetto della SV, e sarebbe un non senso assoluto pretendere di essere arrivati alla meta! La SV è un processo continuo, un cammino personale in cui la direzione è più importante del punto preciso a cui si è arrivati.
LA SV non ha niente a che vedere con lo stipendio o con il conto in banca. Si può avere o non avere la macchina, si può essere un medico affermato o un giovane artista debuttante, si può mangiare carne o essere vegetariani, si può abitare in città o vivere in campagna: in qualsiasi condizione si può semplificare la propria vita. La SV è aperta e inclusiva, propone le sue intuizioni e le sue scoperte a tutti, ricchi e poveri, giovani e vecchi, uomini e donne, nati qui o venuti da altrove. Le forme saranno indubbiamente diverse, così come le priorità di ciascuno. Ma tutti possono attingere alla SV per vivere meglio e per essere più solidali con gli altri e meno «divoratori» di risorse, a partire dalla propria situazione immediata.
Si tratta allora di una nuova terapia new-age, finalizzata innanzitutto alla realizzazione personale? Ancora una volta, la risposta è: no! La SV ha sicuramente il grande vantaggio di poter essere praticata dal singolo nel contesto della sua vita quotidiana: non c’è bisogno di aspettare una parola d’ordine, la decisione di un gruppo o la creazione di infrastrutture o di condizioni esterne. E i benefici che se ne traggono sono spesso immediati e concreti: se rallentate il ritmo e riducete lo stress, sarete i primi a trarne vantaggio! Ma la SV ben compresa è l’esatto contrario di un’impresa individualistica, non solo perché la si pratica molto meglio con altri (si pensi ai servizi collettivi o alle molteplici forme di condivisione che ci liberano da tante incombenze del «ciascuno per sé»), ma soprattutto perché un gran numero di scelte della SV sono in funzione della collettività: distribuzione meno ingiusta delle ricchezze, maggior rispetto ecologico del pianeta, minore sperpero di risorse a vantaggio delle future generazioni, riscoperta dell’importanza e delle gioie del vivere insieme, del riallacciare le relazioni di vicinato, del ricostruire il tessuto sociale.
Si tratta allora di un movimento politico, di una sorta di rivoluzione della società dell’abbondanza e dei consumi? Affermare questo sarebbe indubbiamente presuntuoso per molte ragioni. La SV nella sua forma attuale è ancora molto giovane: i suoi animatori e i suoi seguaci non hanno ancora trovato una posizione comune in proposito.
La SV è indiscutibilmente una corrente sociale significativa o di moda in certi paesi e regioni (possiamo citare ad esempio il Québec, gli Stati Uniti e alcuni paesi dell’Europa occidentale come l’Olanda e la Francia). Per valutare la sua reale diffusione bisogna comunque accettare di scoprirla sotto molti nomi diversi, a seconda delle lingue e delle culture: simple living, downshifting, simplicity with style, frugalità, decrescita, buona vita ecc.
Tutto questo ci autorizza a dire che si tratta di un vero e proprio movimento sociale, con una dimensione collettiva cosciente e condivisa? Il dibattito sulla questione è aperto e suscita l’interesse di un numero sempre maggiore di persone. Ma la vera risposta verrà solo col tempo, e soprattutto con la pratica concreta che svilupperemo a poco a poco, voi ed io.
Il mio libro è innanzitutto uno strumento di divulgazione: in un centinaio di pagine e nel linguaggio di tutti i giorni ho cercato di rispondere alle domande che tutti possono porsi sull’argomento: che cos’è la SV? Da dove viene? Chi la pratica, e perché? Come la si vive in concreto? è davvero così volontaria come asserisce di essere? Quali risposte si possono dare alle principali obiezioni che vengono sollevate? Che cosa avviene altrove? Qual è stata la sua evoluzione nel Québec dal 1998 a oggi?
In venti brevi capitoli, il libro affronta altrettanti argomenti ed elementi fondamentali per la comprensione degli aspetti individuali e collettivi di questo modo di vivere alternativo e ricco di promesse. Ciò dovrebbe essere gradito sia ai debuttanti che a coloro che sono alla ricerca di una sintesi accessibile.
Per tutti coloro che volessero spingersi oltre, è stata aggiunta un’intera sezione di una cinquantina di pagine con l’indicazione di centinaia di libri, gruppi, siti internet e a volte anche strumenti audiovisivi che permetteranno al lettore, se ne avrà il tempo e la voglia, di approfondire non solo la semplicità volontaria o le alternative in generale, ma anche i rapporti fra la SV e una ventina di realtà specifiche come il denaro, l’alimentazione, la casa, il tempo libero, i trasporti, il modo di vestire ecc.
Per tale motivo questo libro è l’ABC della semplicità volontaria… e anche molto di più!
Un grazie sincero a ciascuno di coloro che sono venuti a condividere questo momento di gioia. E che la festa continui!…

Pubblicazioni dell’IIM
L’Istituto Interculturale di Montréal ha pubblicato alcuni documenti relativi ai progetti di ricerca-azione e alle iniziative interculturali realizzate negli anni 1997-2002. Questi documenti sono disponibili e in vendita presso l’IIM. Per venire a conoscenza di altre pubblicazioni dell’IIM si può consultare il sito web: www.iim.qc.ca.

a) Un libro
Perreault M. e Bibeau G. (con la collaborazione di Kalpana Das) La gang: une chimère à apprivoiser. Marginalité, transnationalité chez les jeunes Québecois d’origine afro-antillaise, éditions du Boréal, Montréal 2003.
L’interesse principale di questo libro («La gang: una chimera da addomesticare. Emarginazione e transnazionalità fra i giovani del Québec di origine afro-caraibica») sta nei racconti delle esperienze di vita dei giovani emarginati delle comunità afro-caraibiche a cui è stata data la parola nel contesto di un progetto di ricerca-azione dell’IIM. Attraverso i loro racconti e con le loro parole, questi giovani ci hanno detto che cosa significano per loro l’identità, la famiglia, l’immigrazione e la condizione di minoranza razziale, e hanno descritto le condizioni socio-economiche in cui si trovano. I loro racconti sono stati rivelatori, nel senso che ci hanno permesso di identificare alcuni dei più rilevanti problemi sociali che interessano i giovani delle comunità afro-caraibiche e ci hanno fatto conoscere dal punto di vista dei giovani stessi la complessità di alcuni dei percorsi che li conducono ai margini della società. I dati raccolti nel corso della ricerca riguardano una grande varietà di tematiche: l’esperienza di immigrazione vissuta dalle famiglie dei giovani e l’impatto di questa multiforme rottura sul tessuto sociale, la dinamica socio-economica della società di accoglienza con le sue norme, i suoi atteggiamenti e le sue pratiche sociali, la ricerca dell’identità da parte dei giovani e il loro sforzo rivolto a ricostruire, ai margini della società, un gruppo che si configuri come una famiglia. Abbiamo anche fatto il possibile per demistificare le immagini negative che sono spesso associate alla vita dei giovani emarginati, specialmente quando si tratta di Neri.

 b) Un rapporto analitico
Emongo L. e Grégoire A.-J. (sotto la direzione di Kalpana Das) Conditions de vie et santé mentale des personnes âgés issues des communautés ethnoculturelles de Montréal (versione inglese: Living conditions and Menthal Health of the Elderly in Ethnocultural Communities of Montréal), IIM, Montréal 2003.
In questo rapporto di un centinaio di pagine («Condizioni di vita e salute mentale degli anziani delle comunità etnoculturali di Montréal»), gli autori presentano e analizzano i risultati di una ricerca-azione che si è occupata degli anziani di varie comunità (portoghese, haitiana, del Sud dell’Asia, latino-americana e caraibica anglofona). Oltre a presentare ciò che dicono gli anziani sulle loro condizioni di vita in Québec, gli autori procedono anche a un’analisi del processo di ricerca-azione in quanto tale. Le conclusioni che ne traggono gettano una nuova luce sugli approcci di tipo interculturale.

c) Una guida
Das K. e Emongo L. Prise en charge des aînés des communautés culturelles de Montréal (versione inglese: Caring for the Elderly in Ethnocultural Communities), IIM, Montréal 2003.
Basata sulla parola, le esperienze di vita e le aspettative degli anziani incontrati nel contesto del progetto di ricerca-azione che si è occupato di loro, questa guida («Prendersi cura degli anziani delle comunità etnoculturali di Montréal») vuole essere un punto di riferimento e un testo di consultazione per tutti coloro che lavorano con gli anziani delle comunità etnoculturali: membri della famiglia, leader delle comunità, operatori delle organizzazioni sociali e dei servizi pubblici ecc.

d) Un video pedagogico
Das K. (ideazione) e Bulbulian M. (realizzazione) L’interculturalité dans le travail communautaire, IIM, Montréal 2003.
Dedicato all’«interculturalità nel lavoro di base», questo video (della durata di 54 minuti) vuole essere uno strumento che aiuti gli operatori e gli animatori di base a sviluppare pratiche interculturali adeguate al loro compito.
Uno degli obiettivi è quello di sensibilizzare alle nozioni e alle problematiche più rilevanti della comunicazione interculturale, alle relazioni interrazziali e interculturali e alla relazione di aiuto in contesto multiculturale.
Un piccolo gruppo di operatrici e operatori di base di estrazione etnoculturale diversa, appartenenti a comunità di immigrati o alla comunità francofona del Québec, sono stati invitati dall’IIM a incontrarsi per discutere insieme queste tematiche. A partire da quanto emerso in queste tavole rotonde, Kalpana Das (con la sua esperienza di formatrice nell’ambito delle relazioni e della comunicazione interculturale) offre un commento critico e un’analisi più approfondita, fornendo elementi più teorici di riflessione sui principali fattori che intervengono nella relazione con l’altro culturalmente diverso.
Il video contiene anche due interviste, una a Robert Vachon, direttore della rivista InterCulture, e l’altra a Lomomba Emongo, ricercatore e animatore dell’IIM.

NOTE
1. Discorso pronunciato dall’autore in occasione della presentazione del libro, il 14 maggio 2005, nel quadro di un incontro del Réseau québécois pour la simplicité volontaire (Rete del Québec per la semplicità volontaria).